lunedì 8 luglio 2013

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[precede] Però non tutti si unirono al rullo dei tamburi di guerra ed al lezzo di sangue e fuoco - le manifestazioni contro gli attacchi israeliani in Libano, e poi la guerra, iniziarono proprio lo stesso giorno dell'inizio degli attacchi. La prima manifestazione, davanti al Ministero della Difesa (che nome orwelliano!), attrasse 200-300 persone. Il secondo giorno, 100 in più. Alla fine della settimana, avemmo una marcia contro la guerra in piena regola con ben più di 4.000 persone. Alla fine della guerra, avevamo avuto manifestazioni di più di 10.000 persone (sono grandi cifre in Israele).

Alla luce della guerra, il campo Queer-uzione, che sarebbe dovuto essere un seminario creativo ed uno spazio per gli attivisti, aveva cambiato programma e si era convertito in un quartier genereale dell'attivismo queer contro la guerra, responsabile per l'ora mitico Pink-Black Block nelle dimostrazioni contro la guerra. I partecipanti dovevano presentarsi in vestiti rosa-neri, e ci venivano dati dei nastri rosa da legare ai polsi, al collo, alle sacche. Alcuni di noi con essi si sono pure bendati la bocca o gli occhi, alludendo all'ubiquo "non vedo, non sento, non parlo" del fascismo militarista israeliano. Il blocco comprendeva anche una banda di tamburini, fischietti ed altri strumenti rumorosi, e cantava, saltava e ballava - rendendo la nostra resistenza sonora, queer e festosa. In quel periodo, c'era almeno una manifestazione alla settimana, se non una al giorno, ed io partecipavo ad ognuno di questi blocchi. Anche se ero ancora tenuta a distanza dalla maggior parte delle persone coinvolte, cominciai ad identificare le facce, a farmi alcuni amici, a ricevere qualche sorriso. Inoltre, partecipavo sempre con i miei amici, e perciò non mi sono mai sentita sola.

Le manifestazioni erano deliziose. Noi ballavamo, saltavamo e gridavamo nelle strade, attirando l'attenzione dei manifestanti, dei media e degli spettatori. Mi ricordo di noi che marciavamo, nella più grande manifestazione, in Via Even Gvirol [8], con la strada che riecheggiava il rullo dei tamburi ed i nostri canti. Un momento dopo, noi stavamo fermi in piedi, poi saltavamo, correvamo e danzavamo in cerchio al suono dei tamburi. Con tutto il nostro dolore e rabbia, passione e furia, la nostra ira ed i nostri festeggiamenti, noi creammo qualcosa di nuovo: una scintilla, una forza vitale.

Ed in quel momento, di protesta contro l'occupazione, in cui ero sonora, anarchica e queer, e circondata da persone come me, tutto nello stesso momento - in quel momento avevo trovato il mio domicilio politico.

Ovviamente, non ci fu risparmiata la brutalità della polizia (e di altri). Una delle più grandi manifestazioni che tenemmo finiva in Piazza Magen David [mappa Google], una piazzetta in cui non poteva stare la gran folla che si era raccolta. Inevitabilmente, la gente iniziò a riversarsi sulla strada. Però, prima ancora che tutti finissero di raccogliersi dentro la piazza, gli agenti di polizia (a piedi ed a cavallo) avevano già iniziato a spingerci con violenza sui marciapiedi (e, inevitabilmente, l'uno contro l'altro). Non c'era posto nella piazza, e dall'altra parte, la polizia era fin troppo contenta di spingerci - quando non fu più possibile spingerci per mancanza di spazio, fummo picchiati ed arrestati dalla polizia. Alla fine, la situazione divenne così difficile che le organizzatrici della protesta (delle donne femministe) fecero appello dagli altoparlanti a tutte le donne, perché si mettessero tra i manifestanti e la [segue]

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