sabato 27 luglio 2013

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  • etero,
  • transgender,
  • genderqueer,
  • intersessuati,
  • camioniste [butch],
  • femmine [femme],
  • BDSM [Nota 34],
  • poliamorosi,
  • alleati,
  • partner ed amici,
  • [Nota 35]

Il party era decisamente non profit e finanziariamente accessibile. L’accessibilità finanziaria era particolarmente importante per noi, dacché eravamo consci che molte persone nella nostra comunità (come in ogni comunità emarginata) non erano in grado di pagare l’alto prezzo di molti party ‘normali’, orientati al profitto. È il caso di notare qui che, come ho menzionato sopra, si è trovato che statisticamente è più probabile che i bisessuali soffrano della povertà dei maschi gay, delle lesbiche o degli eterosessuali (Ulrich, 2011, p. 27). Comunque, a prescindere da questo fatto – la comunità bisessuale (in Israele ed altrove) include persone di molti altri gruppi emarginati, tra cui donne, trans gender, persone di colore, disabili, proletari, giovani, e molte altre popolazioni per cui il denaro potrebbe essere un problema. Perciò decidemmo di avere tre livelli di prezzo per il party: un prezzo normale di 30 Sheqel (circa 8,50 Dollari USA [circa 6 Euro]), un prezzo scontato di 25 Sheqel (circa 7 Dollari USA [circa 5 Euro]) ed un “paga quello che puoi” per chi non aveva i soldi per pagare neppure quello. I nostri inviti precisano chiaramente e sempre: “Nessuno è lasciato fuori per mancanza di soldi”. Inoltre, decidemmo di tenere il party di giovedì (e non di venerdì, secondo tradizione) per essere sicuri che le persone potessero arrivare e ripartire con il trasporto pubblico. I proventi del parti dovevano essere divisi tra i performer, i DJ, gli organizzatori, e chiunque altro avesse dato una mano.

Un altro aspetto importante per noi fu la sicurezza sessuale al party, e l’importanza di creare uno spazio con la consapevolezza del sessismo e della transfobia. Eravamo consci che le molestie sessuali (e di genere) sono presenti ovunque, e sebbene non ci sia modo di evitarle del tutto, ci sono comunque molti modi di fare emergere il problema ed affrontarlo. A questo scopo, decidemmo di includere un gruppo responsabile per i casi di molestia sessuale al party, ed inoltre, leggemmo ad alta voce alcune linee guida sul consenso all’inizio del part (e continuiamo a farlo ad ogni party). Chiedemmo alle persone di non toccare nessun’altra senza aver prima chiesto il permesso; chiedemmo di essere consapevoli del limite tra il guardare ed il fissare – e di osservarlo; menzionammo che non tutti usano il pronome che può sembrare ovvio, e che è bene chiedere prima (un punto molto significativo in ebraico, perché in quella lingua [come in arabo] i pronomi di seconda persona hanno forme maschili e femminili [ed usare quei pronomi significa attribuire un genere all’interlocutore, rischiando di sbagliare ed offenderlo]), chiedemmo alle persone di non fotografarne altre senza permesso, e con più forza chiedemmo alle persone di essere consapevoli che non è detto che tutti al party siano bisessuali, e perciò non è detto che tutti apprezzino l’essere abbordati o corteggiati da persone di ogni genere.

Facemmo pubblicità al party ovunque, online e offline, comparendo pure sul calendario ufficiale del mese del Pride pubblicato dal Comune di Tel Aviv. Eravamo molto eccitati – questo era il secondo party bisessuale in assoluto in Israele (preceduto da un party organizzato dal vecchio gruppo bisessuale della CAG nel 2006 a Gerusalemme – quel gruppo nel 2009 si era già disperso), il primo a Tel Aviv, e certo il primo a ricevere tanta attenzione. Stavamo facendo la storia. [segue]

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