martedì 23 luglio 2013

Pagina 15/57

[precede] perché era intesa soprattutto per i maschi gay. Ho partecipato due volte al gruppo giovanile lesbico, e non ci sono mai più tornata, dacché era inteso solo per le lesbiche. In quegli anni (mentre partecipavo a quei gruppi, e per molto tempo dopo), l’associazione GLBT continuava a pubblicare un annuncio nella rivista Pink Times [Nota 20] che diceva che presto avrebbe aperto un gruppo bisessuale. Io di tanto in tanto chiamavo per chiedere quando avrebbe iniziato ad incontrars i, ma non accadde mai. Alla fine, smisi di provarci. Quando nel 2005 fu fondato a Gerusalemme il primissimo gruppo di sostegno (dalla prima organizzazione bisessuale israeliana, Bisessuali in Israele, con la collaborazione della CAG), io decisi di non partecipare, dacché sentivo che Gerusalemme era troppo lontana per me per andarci tutti i mesi (questo avvenne prima delle veglie del Pride, quando io ci andavo tutte le settimane). Il Duemilacinque era anche l’anno in cui il primissimo blocco bisessuale marciò al Pride di Gerusalemme (organizzato da Bisessuali in Israele), ma non ero lì per vederlo, né ne sentii parlare. Sapevo che esistevano Bisessuali in Israele, eppure non avevo ancora trovato il modo di contattarli od unirmi a loro. Nel 2006, alla vigilia della nostra marcia illegale, il gruppo bisessuale di Gerusalemme stava preparandosi per un blocco alla gabbia del pride. La loro mail di notifica diceva: “C’è una voce che corre secondo cui ci sarà comunque una marcia. Questa voce è falsa e fuorviante! Se questa marcia avrà luogo, sarà senza sicurezza né permesso”. (Allora non ci badai molto, ma leggendola adesso, ne apprezzo l’ironia). I miei amici ed io stavamo in realtà progettando di marciare con il loro blocco – ma naturalmente, i nostri piani cambiarono quando organizzammo la marcia illegale.

E così, per anni attesi che fosse aperto un gruppo bisessuale, che una comunità bisessuale partisse, che accadesse qualcosa … e nel frattempo ero affaccendata con l’attivismo queer e non ci pensavo poi molto alla politica bisessuale. Ricordo delle conversazioni con i miei amici sulla bifobia e sulla cancellazione bisessuale. Noi talvolta parlavamo di come ci sentivamo ignorati ed emarginati come bisessuali nella comunità queer. Ma le nostre conversazioni non scesero mai più in profondità, e sembrava che ci fosse sempre qualcosa di più importante da fare o di cui parlarne. In realtà, non ho mai sentito che fosse possibile farci qualcosa.

Io ricordo un giorno in cui ero in visita da un amico e vidi l’antologia Bisexual Politics (Tucker, 1995) sullo scaffale. (Il libro era venuto dalla biblioteca dell’Associazione GLBT dopo che la partner del mio amico ne fu cacciata per aver sposato un uomo, provando così che lei era ‘in verità etero’. Lei era la coordinatrice della comunità bisessuale dell’Associazione). Io mi ricordo che sentivo che avrei dovuto leggere questo libro, che questo era importante – ma qualcosa mi impedì di prenderlo. Come se non fosse stato abbastanza importante, oppure come se fosse troppo importante, ed io temessi di scoprire qualcosa che faceva male. Una mail che scrissi all’attivista bisessuale Elad Livneh [Nota 21] solo alcuni giorni prima della ‘marcia che non marciò’ descrive la mia intensa reazione emotiva alla bifobia su Internet, e cita questa reazione come la ragione per cui non ero più coinvolta con il forum online. Nel 2007, quando Bisessuali in Israele terminò le sue attività, ero troppo occupata a fare altro per rendermene conto … [segue]

Nessun commento:

Posta un commento