domenica 28 luglio 2013

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[precede] dopo mi fu detto che le persone con cui ero gli avevano strappato le mani di dosso a me.

Digressione. Proprio come la guardia giurata aveva ricevuto il suo addestramento in un contesto militare, così la mia risposta fu basata sul trauma militare, dacché avevo sofferto violenza prima per mano della polizia e dell'esercito. Val la pena notare che la violenza fisica ed altre sue forme sono cosa di routine per quanto riguarda i palestinesi (compresi quelli con cittadinanza israeliana). Molti palestinesi non hanno da fare altro che esercitare il loro diritto legale alla libertà di parola per trovarsi arrestati per mesi senza processo né liberazione, per accuse come terrorismo, attacco ai poliziotti (locuzione in codice per "brutalmente arrestati") ed altre accuse senza fondamento. In generale, la nozione accettata dai poliziotti ed i soldati israeliani è che ogni protesta - violenta e nonviolenta - contro l'occupazione israeliana costituisce un atto di terrorismo o sostegno al medesimo. Per quanto riguarda gli ebrei israeliani, viene loro risparmiata la detenzione, ma riceviamo comunque la nostra dose di brutalità nelle manifestazioni.

Mentre la guardia mi picchiava, con la mia testa andai al villaggio di Bil'in. Bil'in è uno dei tanti villaggi palestinesi che il muro di separazione israeliano ha separato dalle terre e dalle fonti di sussistenza della gente. È anche uno dei principali centri della lotta di solidarietà contro l'occupazione, che coinvolge attivisti palestinesi, israeliani ed internazionali. Da molti anni il villaggio continua ad ospitare manifestazioni nonviolente settimanali contro il muro di separazione, ogni venerdì pomeriggio. Queste manifestazioni vengono di routine disperse con forte violenza militare, che comprende l'uso di gas lacrimogeni, granate stordenti e pallottole di gomma. Molte persone sono state ferite ed alcune uccise nel corso degli anni dagli attacchi delle IOF [Nota 40] contro i manifestanti. Sono stata solo una vola a Bil'in, anni prima, nel 2006, e provai tutte queste cose che prima erano solo parole. L'esperienza di una violenza di un'intensità che non ti aspettavi è stata la stessa in ambo i casi. La violenza armata a cui fui esposta a Bil'in e di cui soffrii da parte delle IOF era certo più grave del semplice essere trascinata e presa a calci che avevo provato alla marcia del Pride di Gerusalemme; però per me il sottofondo era lo stesso. Era il tentativo violento di azzittire la resistenza, era la violenza diretta verso coloro che si rifiutano di tacere, era lo stesso dolore del tentare di uscire dal circolo di silenzio, violenza, oppressione e morte - e trovarsi davanti solo la stessa faccia di bronzo del sistema che aveva creato in primo luogo la necessità di protestare. Mi ci volle un mese per riprendermi completamente dal trauma di essere a Bil'in. E sebbene non lo sapessi allora, sul retropalco del Pride, mi ci sarebbe voluto un mese per riprendermi da quello che era accaduto a Gerusalemme.

Trovandomi seduta sull'erba, senza fiato e con le vertigini, disorientata e dolorante, mi guardai intorno confusa. I miei amici erano lì, che gridavano ai giornalisti che erano vicino al palco, che anche i bisessuali erano a Stonewall, che noi meritavamo un posto nella comunità. Mi ci vollero alcuni secondi per riorientarmi alle urla, alle videocamere, ed alla folla. [segue]

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