lunedì 12 agosto 2013

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[precede] il successo del movimento contro l'occupazione. Voglio vedere una società basata sulla liberazione, sulla libertà e la solidarietà piuttosto che sulla guerra, il razzismo e l'apartheid. Voglio vedere la caduta del governo. Voglio vedere la caduta dello stato. Voglio vedere la caduta del capitalismo, del patriarcato, del razzismo e dell'LGBT-fobia. Vedo tutte queste cose parti  inseparabili della mia  lotta contro lo stato, contro il governo e contro l'occupazione. Voglio vedere la rivoluzione, e respirare l'aria del giorno dopo e lavorare alla creazione della società in cui tutti vogliamo vivere.

In quest'articolo ho tentato di descrivere alcuni degli inizi di questi  processi di cui sono felice di essere parte. Il resto della storia rimane da scrivere, e saremo noi a progettare i cambiamenti che vedremo. Intendo continuare a camminare su questa via, continuare a spingere per il cambiamento e continuare a credere nella trasformazione. Spero che vi uniate con me a questa lotta.

FINE

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[precede] La comunità bisessuale in Israele continua a crescere e ad attraversare processi e cambiamenti. Mentre io stavo lavorando su quest'articolo, dopo 2 anni di lavoro è stata pubblicata la primissima zine bisessuale in Israele da Panorama. La zine contiene testi di membri della comunità locale che riflettono sulla bisessualità, l'identità bisessuale, il desiderio bisessuale, la bifobia e molte altre questioni [Nota 58]. Nella settimana successiva alla sua pubblicazione, abbiamo venduto un significativo numero di copie e ricevuto molte risposte positive. Le nostre prossime due azioni significative in programma sono l'apertura di un gruppo di autocoscienza bisessuale, e la cura di una mostra d'arte bisessuale insieme con l'organizzazione Sei Colori. Il gruppo di autocoscienza sarà organizzato da Lilach Ben-David e me stessa, e si ispirerà alle tecniche ed alle comprensioni del movimento femminista. Speriamo che il gruppo aiuti ad unirsi i membri della comunità, crei maggiore consapevolezza e serva come seme di azioni future. La mostra d'arte sarà la prima del genere in Israele, concentrandosi sulla bisessualità e su argomenti ad essa collegati, dopo essere stata prima contemplata nel primo incontro di Panorama ed infine ora diventando realtà viva. Inoltre, un comitato organizzativo per un congresso bisessuale israeliano ora sta partendo all'interno di Panorama, sperando di organizzarne uno in tempo per la prossima Giornata della Visibilità Bi. Queste tre cose sono n programma nei prossimi mesi e saranno certamente importanti ed eccitanti.

Nel lungo periodo, quello che spero di vedere nel movimento bisessuale non è meno di una rivoluzione. Con questo intendo dire che io vedo la lotta bisessuale non aneddotica ed ad hoc, ma diretta ad un cambiamento su larga scala nella società e nella cultura. Spero di vedere maggiore visibilità per la bisessualità in ogni e qualsiasi sfera pubblica - dentro e fuori la comunità LGBTQ; spero di vedere non soltanto azioni, ma anche campagne a lungo termine che nascono da Panorama; voglio vedere un'espansione del movimento ed un completamento del suo pieno potenziale. Voglio vedere più gruppi bisessuali e più organizzazioni. Voglio vedere più gente attiva, più gente che inizia e crea, voglio vedere la condivisione della conoscenza, delle abilità e della storia. Voglio vedere la cultura bisessuale, l'arte bisessuale, la letteratura bisessuale, la poesia bisessuale, il cinema bisessuale, la ricerca e l'accademia bisessuale. Voglio vedere una radicalizzazione della bisessualità, della comunità bisessuale e dei significati sociali bisesuali - non solo in Israele, ma in tutto il mondo. Voglio porre la bisessualità proprio lì, in prima linea, insieme con il femminismo, l'anarchia, il lesbismo ed il transgenderismo. Per crare un movimento davvero forte e sovversivo. Per lavorare solidalmente con altri gruppi, per non perdere mai di vista l'oppressione degli altri e le intricate realtà di tutte le nostre vite, per continuare con la nostra lotta, spalla a spalla, finché ognuno di noi è libero. La strada che ci porta qui potrebbe non essere corta, né facile, ma oggi si posano le fondamenta. Spero che nella mia vita io sia capace di vedere i cambiamenti che intendo creare.

Anche il movimento BDS si sta espandendo e sta testimoniando un grande successo e popolarità in molti paesi e gruppi di tutto il mondo. Vorrei vedere [segue]

Nota 58/58

Vedi Eisner (2011a). Per una copia digitale (in ebraico), mandami una mail.

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[precede] rosa. Prestissimo iniziammo ad aprire il palco per i discorsi, che comprendevano argomenti come la bisessualità, le questioni transgender, l’essere Mizrahi, l’essere religiosi, la disabilità, i diritti animali, il femminismo, lo stupro e la violenza sessuale (dentro e fuori dalla comunità), il BDSM, gli alleati e la solidarietà, ed anche critiche della nostra decisione di marciare separate dal Comune anziché come un blocco radicale dentro il corteo municipale. Abbiamo avuto anche due spettacoli – l’improvvisazione di un drag king ed una canzone dal vivo. Dei 13 oratori sul palco, sei erano bisessuali, sei transgender o genderqueer, e circa altrettanti Mizrahi (con diverse intersezioni, ovviamente) – questa era tutta la diversità che avrei mai potuto sperare di avere, proprio lì e senza forzature. Per coloro che volevano prendersi una pausa dal corteo e dai discorsi, c’era un chiosco di cibo gratis vegano che non aspettava che di nutrirci. Un volontario del (vicino) centro LGBT ci portò inoltre delle bottiglie d’acqua, che furono una vera benedizione nel caldo del pomeriggio.

Il corteo radicale del Pride fu un enorme successo – oltre le nostre attese per quantità e qualità – e fu certamente una delle migliori azioni che io ebbi il privilegio di organizzare e parteciparvi. La marcia può non essere stata perfetta, e certo c’è molto per noi da migliorare il prossimo anno – ma sono tornata a casa sentendomi felice, energica e soddisfatta. Questo era proprio il tipo di evento che speravo di creare!

ED ORA? CONCLUSIONI E RIFLESSIONI


Raccontando la mia storia di attivista, spero di essere riuscita a sfidare, sovvertire, e creare alternative ai modi in cui molti di noi viene insegnato a pensare all’attivismo, alla politica, alla storia ed alle nostre vite. Mentre ci viene insegnato di separare e dividere, la mia storia ha cercato di collegare ed unificare. Il personale, il politico, il globale, il locale, il generale, il particolare; la bisessualità, la guerra, il conflitto, la solidarietà, il transgenderismo, il femminismo; l’emozione, il dolore, la solidarietà, l’amicizia, l’isolamento, la lotta, il collegamento, la gioia e molto molto altro: le nostre vite ed esperienze sono intrecciate con una molteplicità che non si può e non si deve frammentare.

Credo che la mia posizione come persona bisessuale ed attivista bisessuale sia stata anche centrale da questo punto di vista. Si è detto che la bisessualità consente diverse prospettive e diverse temporalità – tutte cose capaci di contenere difficoltà, contraddizioni e complessità. È questo punto di vista epistemologicamente bisessuale che consente alla mia storia di unificare queste molteplicità e complessità [Nota 57].

Raccontando la mia storia, spero di aver raccontato anche la storia di una comunità – o due, o tre; un frammento della storia di un paese e di storia locale; ed una storia personale che può risuonare con l’esperienza delle altre persone. Spero anche di aver dato vita a nuove prospettive, diverse ideologie e metodi attivistici, e che io sia riuscita a rendere alcuni lettori curiosi di leggere di più su tutte queste cose che non potevo includere in quest’opera. [segue]

Nota 57/58

Per saperne di più sulle temporalità bisessuali, vedi Ku (2010). Notate che questo non vuol dire che solo le persone bisessuali possono avere queste prospettive, o che tutti i bisessuali “naturalmente” hanno questa prospettiva.

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[precede] diritto alla libertà di espressione erano varie: sostenevano che il corteo municipale era inclusivo di tutti i gruppi di “gay e lesbiche” (appunto, appunto!); sostenevano che garantire la sicurezza del nostro corteo avrebbe esatto troppi poliziotti (eppure l’anno prima non sembrava che avessero avuto dei problemi a proteggere tre diversi cortei allo stesso tempo); sostenevano che avremmo potuto creare dei problemi al traffico (ma le strade su cui volevamo marciar erano comunque chiuse per il corteo municipale); ed infine, ci offrirono la grazia di camminare a 10 minuti di distanza dal corteo municipale – una cosa per la quale non ci voleva comunque alcun permesso ufficiale. Sapevamo che la vera ragione aveva a che fare più con l’egemonia ed il denaro che con una qualsiasi delle loro scuse: poiché il corteo municipale è definito come evento culturale anziché come dimostrazione, tocca al Comune pagare le spese della sicurezza. Poiché però il corteo radicale era definito come una dimostrazione, la polizia avrebbe dovuto pagare di tasca sua le spese della sicurezza. Semplicemente, il corteo municipale era un profitto per la polizia, la marcia radicale una perdita. Le priorità erano ovvie. Annunciammo che, a causa del rifiuto della polizia, avremmo tenuto una veglia di protesta all’incrocio in cui il corteo sarebbe dovuto cominciare.

Quando arrivò il giorno del corteo, ci riunimmo all’incrocio, per la veglia di protesta che avevamo pianificato. C’erano tante persone, che portavano vari cartelli e bandiere, e per un po’ sembrava che noi avremmo avuto la veglia che avevamo in programma. Però, all’ultimo minuto cambiammo programma, decidendo di tenere il corteo comunque – e cominciammo a marciare. Anche se non avevamo l’approvazione della polizia, nessuno venne a fermarci. Senza violenza né arresti, continuammo a marciare insieme per la strada, e per tutto l’itinerario programmato, sorprendendo i passanti ed i residenti mentre procedevamo. Ricordo il momento in cui mi sono girata ed ho visto centinaia di persone marciare dietro di me, stupita dalla massa e dal successo della nostra azione.

La Marcia comprendeva molte persone e gruppi: la banda di tamburini anarchici Kasamba ci dava rumore e visibilità; il gruppo Esercito dei Clown, che camminava sulle stampelle e portava segni contro l’occupazione, aggiungeva un elemento di umorismo politico; il blocco anarchico ci aiutava con il loro megafono e slogan; in tutta la Marcia si vedevano bandiere bisessuali, creando una notevole visibilità bisessuale, e così pure per le bandiere transgender; si vedevano anche bandiere BDSM; e senza dubbio, il più grande blocco nel nostro corteo fu il blocco mizrahi, che portava dei cartelli sulle identità mizrahi queer ed accresceva la coscienza delle questioni mizrahi. Vedere tutte queste persone, i vari blocchi, e quest’immensa diversità fu incredibilmente potenziante e rincuorante per me.

Arrivammo al Parco Meir, dove era partito il corteo municipale, ed immediatamente ci impossessammo del palco vuoto che si erano lasciati indietro. Lilach ed io balzammo sul palco e lo ornammo con bandiere bisessuali e transgender. Prestissimo furono aggiunte altre bandiere, ed oltre alle bandiere bi e trans, il nostro palco portava anche bandiere BDSM, anarchiche, palestinesi, del Pride – e pure un ombrello [segue]

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[precede] strada, insieme con il corteo comunale ed il suo commercio, rumore, cancellazione e pinkwashing, noi decidemmo di girare a sinistra – in senso sia fisico che simbolico. Incoraggiammo diversi gruppi a marciare insieme con noi e pianificammo pure di avere un palco aperto per i discorsi.

Un’altra cosa che facemmo fu una controcampagna al comune. Quest’anno il tema del corteo comunale era “Vale la pena essere gay”, così cancellando ancora l’oppressione contro molti gruppi nella comunità e facendo il pinkwashing all’immagine di Tel Aviv per attirare i ricchi turisti maschi gay bianchi. La campagna del comune includeva molti fotoritratti di celebrità e figure pubbliche bianche maschie gay cis, con alcune lesbiche pro forma, e solo due bisessuali e due transgender – che nessuno avrebbe però potuto identificare come tali a causa del titolo di ‘gay’ – e perciò venivano tutti presunti gay o lesbiche da chiunque non li conoscesse personalmente. Noi definimmo la nostra controcampagna “Vale per chi?”, e cercammo di mettere in discussione la nozione che essere LGBTQ nella nostra società – ed a Tel Aviv – era un’esistenza senza problemi, con privilegi e valore riconosciuti. Noi contattammo vari attivisti della comunità e chiedemmo loro delle foto e dei brevi scritti sulla loro esperienza come LGBTQ, formando così un complesso mosaico di identità, esperienze, oppressione e potenziamento. Questa campagna girò su Facebook e fu un enorme successo, ricevendo dei gran giudizi positivi ed attirando ancora più gente alla nostra marcia (anche oltre la nostra audience naturale, la comunità radical queer).

La campagna ed il nostro corteo ebbero un ulteriore effetto importante sulla comunità: per la prima volta in assoluto, i funzionari del comune si rivolsero a noi per avere un rappresentante della comunità bisessuale, un cambiamento benvenuto, dacché ci eravamo abituati ad essere noi a rivolgerci a loro ed a premere su di loro ogni anno. Ma il modo in cui accadde fu meno che piacevole: appena 5 giorni prima del corteo, Yaniv Waizman emise un appello rivolto all’intera sua mailing list, sostenendo che per la ‘mancanza di cooperazione’ da parte delle comunità bisessuali e transgender, il comune aveva incontrato ‘grande difficoltà’ a procurarsi degli oratori per entrambe, e richiedeva che gliene fossero raccomandati. Inutile dire che questa era la prima volta che gli organizzatori del corteo municipale si erano presi la briga di rivolgersi ad una od all’altra delle due comunità. Ad onta di ciò, si trovò rapidamente un oratore bisessuale, e fummo orgogliosamente rappresentati da Alon Zivony. Il comune aveva inoltre trovato un oratore che per caso era transgender, ma aveva chiesto di parlare come educatrice. Ad onta della sua richiesta, lei fu però designata dal comune come la rappresentante della comunità transgender. Per fortuna, lei infine parlò dal palco delle questioni transgender. Però il comportamento del comune significava che se lei avesse davvero parlato solo come educatrice, la voce dei tansgender sarebbe stata virtualmente azzittita, dacché nessun altro sarebbe stato lì a rappresentarla.

Mancavano solo 2 giorni al nostro corteo radicale, quando la polizia decise di notificarci che rifiutava di approvarla. Le loro scuse per denegarci il nostro [segue]

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[precede] comunitari come il centro LGBT, il Koala (lo spazio della Coalizione delle Donne per la Pace [Nota 55]), la CAG ed il centro femminista di Haifa Isha-Le’isha [EN, HENota 56]. Il volantino divenne subito molto popolare e creò molta coscienza comunitaria e molta discussione, oltre le nostre attese per quantità e qualità. Infatti, ne abbiamo finito le copie così presto che ora (Giugno [2011]) ci tocca ristamparlo.

ULTIMA STORIA (2011): IL PRIDE RADICALE DI TEL AVIV


Nel Maggio 2011, noi iniziammo ad organizzare una seconda Marcia radicale del Pride. Anche se l’anno precedente fui parte della marcia comunitaria del Pride, io sentii che quest’anno volevo che noi tentassimo di unire le due marce altenative e le loro prospettive, lavorando insieme anziché spaccarci in due gruppi separati. Perciò, la marcia radicale di quest’anno fu organizzata da un nuovo gruppo di persone, che comprendeva organizzatori della marcia comunitaria insieme con quelli della marcia radicale, e con una considerevole aggiunta di molte nuove persone che si erano unite a noi per la prima volta.

Quest’anno, noi decidemmo di concentrare la Marcia radicale sulle problematiche LGBTQ, ed in particolare su quelle rilevanti a Tel Aviv e nelle nostre comunità. Cercavamo di opporci al messaggio promosso dalla parata comunale del Pride, [ovvero] che Tel Aviv era un rifugio libero dall’LGBT-fobia, che ogni cosa era semplicemente fantastica, e che ora era il momento di festeggiare. Invece, cercavamo di affrontare l’oppressione sperimentata da molte persone e gruppi dentro la nostra comunità, e la nostra comune necessità di lottare per la liberazione.

Il nostro invito recitava:
L’oppressione delle diverse identità nasce da una radice unica. La Marcia Radicale offre una lotta basata sulla solidarietà tra queste identità. Il corteo radicale ti invita a marciare con la tua identità, senza bisogno di elaborarla o metterle la sordina. Noi, attivisti ed alleati LGBTQ, vediamo una base comune tra le diverse identità e la loro personale esperienza di oppressione. Noi crediamo nell’energia che si crea quando le nostre proprie mani si uniscono insieme contro tutta l’oppressione. 
Che differenza c’è con il corteo comunale? 
Il corteo comunale marcia per l’eguaglianza tra le identità, e non per la diversità reciproca. Marciare nel corteo comunale significa marciare per la lotta di assimilarsi al mainstream; perciò, se preferisci la liberazione all’eguaglianza – unisciti alla marcia radicale. Se non ti va di marciare per un altro “Absolut e Durex per il diritto al matrimonio” – sei il benvenuto.
Vedendo che l’anno prima la Marcia radicale e la Marcia comunitaria vennero tenute separatamente dalla Marcia comunale, quest’anno volemmo fare qualcosa di nuovo e diverso: decidemmo di separarci dal corteo comunale del Pride – anziché svoltare a destra ad un certo incrocio lungo la [segue]

Nota 56/58

Come a Tel Aviv, anche ad Haifa buona parte della comunità femminista radicale di sinistra è composta da donne queer.

Nota 55/58

La Coalizione delle Donne per la Pace [AR, EN, HE, RU] è un’organizzazione femminista radicale di sinistra, in cui molte donne queer sono presenti. Il loro spazio ospita laboratori, lezioni, gruppi ed altre attività comunitarie.

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[precede] più stupefatta dall’erba del previsto, e finisce con il violentare Ralph lei stessa. Così il numero sollevava interrogativi sul consenso ed i confini in un modo divertente. Aisling (Cameron) cantò una canzone sulla violenza domestica contro le donne, rimarcando la nostra necessità di difenderci anche nel setting più intimo. XEmma GoldieloX (Lilach) e Baruch in the Closet (Tal[y] – Nativa – Baruch – Drama Wozner – Shalom – Nevo) recitò una scena BDSM al suono di “Sweet Dreams” della band israeliana “The Witches = Le Streghe”, in cui una cowgirl fantastica di essere stuprata e macellata da un toro – così mettendo in evidenza la relazione tra le questioni femministe legate allo stupro e quelle dei diritti animali [Nota 53]. Ilil Ormonale (Ilil Faran) lesse delle poesie dal palco, toccando il tema della complessità del consenso parziale, nonché quello dell’apertura sessuale. Io (con lo pseudonimo di Alanis) lessi un breve scritto sulla mia esperienza in una relazione d’abuso, e poi, come risposta, cantaì “Not the Doctor”, di Alanis Morrisette, menzionando che vedevo la canzone non come la descrizione di un caso estremo di relazione anormale o malata, ma semmai l’oppressione che tutte le donne esperiscono nella nostra cultura, così come in relazione con gli uomini. REN ci diede il finale della serata, con un’esecuzione in drag di “Sing” di My Chemical Romance, rimarcando la necessità che tutte le donne – e le persone di ogni genere – si esprimano apertamente sulla violenza, lo stupro, la violenza sessuale, e le questioni del consenso. Tutto sommato, il party fu molto potente, e lo considero una notte storica ed un enorme successo. Proprio come molte nostre azioni, anche questa fu la prima del suo tipo – per quanto ne so, non c’era mai stato un evento dedicato al consenso in Israele.

Perché il messaggio si radicasse ancora di più e riecheggiasse per tutta la comunità, noi pubblicammo inoltre un volantino ufficiale di Panorama sul consenso, dal titolo “Sì vuol dire sì!”. Il volantino conteneva domande sul consenso come: “Come definisci il consenso?”, “Pensi che sia possibile fraintendere il silenzio per il consenso?”, “Comunichi con chiarezza le tue aspettative?” e “Pensi che solo gli uomini possano violentare?” Il retro del volantino tentava di spiegare il consenso, con descrizioni quali “Consenso significa comunicare”, “Consenso significa fermarti a metà di qualsiasi cosa tu stia facendo se te lo si chiede”, e “Consenso significa sentire: ‘Si! Si! Siiiiii!’” Questo era seguito poi da diversi esempi di frase, che suggerivano come tener traccia dei sentimenti del proprio partner e comunicare il consneso, come ad esempio: “Ti piace?”, “Che vuoi che facciamo”, “Come sembri quando ti dissoci?”, e “Penso che sia davvero sexy quando mi …” [Nota 54] Non distribuimmo le copie solo al party, ma ne lasciammo anche alcune al Rogata (come sempre, la nostra sede), il vicino Salon Mazal (lo stesso del 2006, ma in un’altra sede), ed in molti altri luoghi d’incontro [segue]

Nota 54/58

Se questo ti sembra familiare, è perché buona parte del volantino era basata su materiale anarcofemminista tratto dalla meravigliosa zine "Learning Good Consent = Imparare il Buon Consenso" (autore e data ignoti), nonché da altro materiale scritto dal gruppo di Philadelphia “Philly’s Pissed = Philly s’è incazzata”.

Nota 53/58

Per saperne di più sul collegamento tra femminismo e diritti animali, vedi Adams (1999).

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[precede] numeri in drag rappresentavano molestie sessuali a briglia sciolta e violenze contro le donne. Inoltre, uno degli attori in drag aveva molestato sessualmente diverse persone al party, e gli si dovette chiedere di andarsene. Sebbene il parti fosse stato altrimenti un successo, molti di noi si sentirono a disagio con quello che era accaduto, e cercavamo un modo per contrastarne il sessismo. Fu Lilach ad avere l’idea che il prossimo party avrebbe dovuto avere come tema il consenso.

Il consenso è l’idea che noi dobbiamo creare degli spazi sicuri per noi stessi per scegliere di essere (o non essere) sessuali e godere completamente della nostra sessualità (se scegliamo di farlo) senza far male a nessuno o farci male noi stessi. La parola consenso, in questo contesto, non si riferisce solo all’assenso verbale  dato ad un certo atto, ma anche all’intero processo e metodo usato per ottenere il consenso verbale, basato su fiducia, sicurezza e godimento reciproco. Questo tipo di consenso dev’essere dato liberamente, in un modo sano e sicuro, senza pressione, manipolazioni o vari trucchetti mentali. Può essere sempre revocato, in ogni momento, e consentire ad un atto non significa aver consentito ad un altro. Il metodo ed il processo del consenso includono comunicazione, negoziazione, mutuo rispetto e consapevolezza dei propri confini e di quelli del proprio partner. Significa anche cura del godimento e del benessere emotivo del tuo partner, assicurandosi che è interessato come te alle cose che stai facendo. Nel contesto di un party, consenso significa essere responsabili quando fai delle avances verso altre persone – non toccarle mai senza consenso, non fare mai commenti intrusivi, non imporre mai agli altri la propria sessualità, ed in generale creare un’atmosfera sicura che permetta alla gente di essere sessuali (o meno) al suo interno. L’idea di consenso è usata come sovversione diretta di quella che viene spesso chiamata la “cultura dello stupro” della società occidentale, una cultura che incoraggia lo stupro e la violenza contro donne, queer ed altre persone di ogni genere [Nota 51]; perciò consenso è anche creare una cultura sicura e potenziante per ognuno.

Il MESS-e-BI Consensuale avvenne il 28 Aprile, 2011, organizzato da me con l’aiuto di Cameron [Nota 52]. L’invito all’evento conteneva l’immagine di un graffito anarcofemminista che dichiarava: “Il sesso femminista è divertente”. Il sottotitolo della serata, scritto sull’invito, era: “Perché sì vuol dire sì”. Sul palco si susseguirono spettacoli con temi quali il consenso, la violenza sessuale, la violenza contro le donne, il femminismo, il BDSM, e questi comprendevano interpretazioni in drag, letture poetiche, improvvisazioni dal vivo e canzoni dal vivo. Il party, ed il suo contenuto, fu inoltre videodocumentato da Baroch Oren  dell’LGBT Community Television, un progetto online e di trasmissione tuttora in corso dell’organizzazione LGBT Sei Colori.


“Wrecking Ball = Palla da demolizione” e “Slut Machine = Macchina da troia” (Sarah Grumet ed Itay Kaplan) eseguirono un’interpretazione in drag della canzone “Little Mary Sunshine” del film Reefer Madness, una canzone umoristica in cui Little Mary Sunshine, dopo essere stata indotta da Ralph Wiley a fumare erba per renderla vulnerabile ad una violenza sessuale, è [segue]

Nota 52/58

Generalmente io e Cameron organizziamo i party a turno.

Nota 51/58

Per sapere di più sul termine cultura dello stupro, vedi McEwan (2009).

domenica 11 agosto 2013

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[precede] La ragione per cui questa mossa fu particolarmente innovatrice era che in Israele l'occupazione tende a fagocitare quasi tutta l'attenzione sociale e politica (in tutto lo spettro politico), così privando dell'attenzione indispensabile altre questioni non meno importnti come il sessismo, il razzismo intra-israeliano, il capitalismo, il classismo, l'abilismo, lo specismo, e, ovviamente, l'LGBT-fobia. Parlare dell'occupazione è importante, aprire il discorso sui crimini di guerra israeliani, la pulizia etnica ed i massacri è centrale per suscitare la consapevolezza degli orrori che vengono perpetrati  in nome nostro. Però, quando si arriva alla politica interna israeliana, concentrarsi sulle questioni froce - senza abbandonare la lotta di solidarietà palestinese - significa riconoscere la nostra propria oppressione, combattere per noi stessi e rifiutare l'affermazione dell'ideologia egemone che i nostri problemi sono marginali, senza importanza e non val la pena parlarne (e questo, ovviamente, vale soprattutto per il popolo bisessuale e la lotta bisessuale).

La marcia del Pride di Gerusalemme del 2010, sebbene certo migliore di quella dell'anno precedente, fu nondimeno tesa. A seguito degli eventi dell'anno precedente, la CAG aveva deciso di nascondere la sua politica di cancellazione predisponendo un palchetto all'inizio della marcia per permettere alla gente che si era prenotata, di salire e parlare di qualsiasi cosa desiderasse. Ovviamente, il grande ed importante palco alla fine (con la stampa, i fotografi, il volume, la folla, e l'ethos) rimaneva chiuso, e non furono invitati a parlare oratori della comunità bisessuale. Il palchetto di diversione all'inizio comprendeva non meno di cinque delegati bisessuali: la rappresentante della comunità bi (io stessa), il rappresentante di Sheikh Jarrah Solidarity [Nota 49], il rappresentante della comunità BDSM, e due rappresentanti della marcia del Pride di Rishon LeZion [Nota 50]. Il grande ed importante palco comprendeva la (meravigliosa) senatrice olandese Anja Meulebelt [rectius, Meulenbelt - sito, wiki] come token bisessuale (il cui discorso non era collegato alla bisessualità). Eppure, evidenzio il valore del "tokenism" come segno di relativo progresso - almeno ora eravamo diventati abbastanza importanti da ricevere degli omaggi pro forma.

La marcia del Pride di Gerusalemme del 2010 comprendeva inoltre il più grande e più bel blocco bisessuale che ci fosse stato fino ad allora. Almeno 30 persone erano venute a marciare, c'erano molte bandiere bisessuali e molte T-shirt Panorama da vedere. Il mio amica Aylam (lo ricorderete per il suo ruolo nell'azione del 2009) portò con sé la sua chitarra, così avemmo anche della musica per accompagnare il nostro blocco. Gridammo slogan e cantammo alla sua musica. Nella tesa atmosfera della marcia, quello fu un momento di orgoglio e gioia.


DECIMA STORIA (2011): IL MESS-e-BI CONSENSUALE



Nel Gennaio 2011, il mio co-organizzatore di MESS-e-BI ed attivista bisessuale Cameron Kotlovsky organizzò un MESS-e-BI di compleanno per celebrare il proprio, quello di Aylam ed  il mio. Però questo party non andò bene come previsto - diversi [segue]

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[precede] questo fu seguito da  una settimana piena di manifestazioni di sinistra per protestare contro il massacro e la continuazione dell'assedio. Il giorno del Pride di Tel Aviv era troppo vicino all'incidente perché ce ne scordassimo, e certo molti sentirono il bisogno di commemorare l'incidente nella marcia radicale del Pride.

La seconda fu chiamata la "marcia dell'orgoglio della comunità", tentando di far passare un diverso messaggio di protesta contro il controllo che il Comune faceva del corteo del Pride e dei suoi contenuti, contro il silenziamento delle comunità LGBTQ emarginate (compresa la comunità LGBTQ palestinese), e contro l'LGBT-fobia, specialmente in risposta alla sparatoria. Questa marcia fu organizzara da un gruppo chiamato "Marciare per cambiare", di cui i bisessuali erano una parte importante - cioè, Lilach Ben-David, Eran Cohen-Geva ed io stessa.

La mia motivazione per prendere parte all'organizzazione di questa parata era forte ed inevitabile, derivata dagli eventi dell'anno precedente e dalla mia presa di coscienza che non c'era niente di buono per me all'interno della comunità degli assimilazionisti GGGG. Volevo mettere la mia energia dove potevo ricevere qualcosa indietro piuttosto che essere calpestata e spremuta. Inoltre, e come sempre, cercavo di creare qualcosa di nuovo nella comunità, di cercare una volta in più di creare una casa queer per me e di cambiare sia la comunità che la società intera.

Dopo lunghi mesi di lavoro, la nostra marcia comunitaria ebbe luogo lo stesso giorno e nello stesso momento del corteo 'ufficiale' del Comune (anche se in luoghi diversi). La nostra marcia partì da Tel Aviv sud, marciando verso il centro città. Partendo dal sud noi cercammo di ricordare la popolazione di Mizrahi, lavoratori migranti e profughi che risiedevano in quei vicinati di Tel Aviv. La nostra marcia passò per Boulevard Rothschild, fermandosi per un minuto di silenzio e commemorazione sul luogo della sparatoria. Finendo nel centro città, nel Giardino Meir e nel centro LGBT, cercavamo di rimarcare che anche noi eravmo parte della società, nonché della comunità, e meritavamo un riconoscimento. Terminammo la marcia davanti ad un palco su cui si tenevano discorsi e spettacoli. Invitammo un'ampia gamma di oratori su vari argomenti, nonché degli attori in drag, permettendo un'ampia rappresentazione delle diverse voci della comunità. Vale la pena notare anche che la marcia aveva un grande blocco bisessuale, equivalente a più di un terzo dei partecipanti. Questa notevole partecipazione bisessuale avrebbe guadagnato alla marcia anche il titolo di "marcia bisessuale".

Anche se le due marce alternative non ebbero una partecipazione oceanica, ebbero comunque successo nel creare un nuovo tipo di attivismo ed un nuovo tipo di discorso comunitario - una politica intracomunitaria radicale, che si concentrava sulla creazione di spazi di resistenza radical queer, e sulla critica al mainstream GGGG, nonché alla diseguale distribuzione del potere nella comunità. Inoltre, la marcia del Pride comunitaria mostrava un'altra nuova direzione: metteva a fuoco per la prima volta non solo la resistenza queer all'occupazione, ma anche una presa di posizione radical queer sulle questioni LGBTQ, elargendoci la solidarietà che ci meritavamo, e mettendoci al centro. [segue]

sabato 10 agosto 2013

Nota 50/58

Rishon LeZion [mappa Google, sito ufficiale: ENHE, RU] è una città israeliana posta a sud di Tel Aviv.

Nota 49/58

Sheikh Jarrah [mappa Google, Wiki] è un vicinato palestinese di Gerusalemme Est, che sta subendo adesso una "gentrification" forzata e violenta, nonché l'occupazione da parte dei coloni ebrei, sostenuti dal governo, dal Comune di Gerusalemme [AR, EN, HE], dalla polizia [AR, EN, HE, RU], e dalle forze armate. Gli abitanti di Sheikh Jarrah sono metodicamente e sistematicamente cacciati dalle loro dimore avite nel vicinato per trovarsi in mezzo alla strada subendo costanti molestie e violenze dai coloni, dalla polizia e dalle forze armate. Sheikh Jarrah Solidarity è un gruppo di base di attivisti che sostiene gli abitanti palestinesi. Per saperne di più, vedete Sheikh Jarrah Solidarity (http://www.en.justjlm.org).

mercoledì 7 agosto 2013

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[precede] bisessuale fu rappresentata da oratori in praticamente ogni corteo del Pride quell’anno in molte parti del paese. Per la prima volta nella storia della comunità, gli organizzatori dei cortei si rivolsero a noi per garantirsi in anticipo un oratore, nel loro tentativo di essere inclusivi – o per creare dei “token” [rappresentanti designati solo a far fare bella figura].

Per tutto l’anno, la comunità crebbe. Con l’accresciuta esposizione che aveva ricevuto la politica bisessuale, sempre più gente trovò il modo di unirsi alla comunità. Le nostre attività erano allora diventate regolari e la comunità si ancorò a tre piattaforme centrali: la mailing list online, le varie attività sociali e l’attivismo politico. Anche in questo la nostra comunità ha imitato quella transgender, che si ancora a piattaforme simili. La nostra mailing list crebbe e continua a crescere, consentendo discussioni e dibattiti politici, così come la pubblicità di eventi sociali e notizie della comunità. Gli eventi sociali (i B-Movies, i MESS-e-BI, le serate Caffè Bi, così come altre attività regolari ed irregolari) erano diventate e continuano ad essere uno spazio in cui socializzare, incontrare gente e creare amicizie ed altre relazioni, così fornendo una base sociale alla comunità. L’attivismo politico ci consente di essere creativi, di lavorare insieme, di contribuire alla comunità, di aumentare l’autocoscienza bisessuale e di creare cambiamento sociale.

Il Duemiladieci fu anche l’anno in cui fu creata la prima commissione accademica sulla bisessualità, alla 10^ convention annua sugli studi queer in Israele, Un Altro Sesso. La commissione comprendeva tre oratori: Esther Rapoport parlò della bisessualità e del discorso coloniale sul primitivismo, un secondo oratore parlò della monogamia obbligatoria e dell’esistenza poliamorosa (sulla scia di Adrienne Rich [Nota 48]), ed io parlai della bisessualità repressa nel cinema. La stessa commissione fu un risultato diretto dei contatti che avevo fatto l’anno prima con gli organizzatori all’Università di Tel Aviv (ed in particolare con il Ch.mo Prof. Aeyal Gross) e di conversazioni sull’argomento durante tutto l’anno. Da parte mia, feci lo sforzo di incoraggiare le persone della comunità a sottomettere delle proposte sulla bisessualità. Da parte loro, fu bello vedere la disponibilità a creare una commissione sull’argomento per la prima volta nella storia della convention.

Nell’estate del 2010, furono tenuti tre cortei del Pride a Tel Aviv: uno del Comune, e due alternativi. Il primo fu chiamato il “corteo radicale” e fu organizzato dall’attivista transgender Elisha (Shuki) Alexander, un corteo che si concentrava soprattutto sulla resistenza queer all’occupazione. Questo a poco più di una settimana dal massacro della Flottiglia di Gaza: un incidente in cui le IOF attaccarono la Flottiglia per la Libertà di Gaza, un’iniziativa pacifista che intendeva spezzare il blocco navale a Gaza e trasferire aiuti umanitari e materiale da costruzione nell’assediata Gaza. Prima di raggiungere le acque territoriali occupate da Israele, la flottiglia fu attaccata dall’unità di commandos israeliani Shayeret 13, che uccise poi nove attivisti, ne ferì dozzine, e poi arrestò e deportò tutti quelli che erano a bordo. Simile a qualsiasi attacco militare ai civili (od a qualsiasi attacco e basta), anche questo fu immediatamente ed automaticamente giustificato dal governo, dal parlamento, dai media e dal pubblico israeliano, e pure [segue]

Nota 48/58

Se non l’avete ancora letto, non perdete un secondo di più e leggetelo subito! Vedi Rich (1980).

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[precede] incontro (ed incoraggiando inoltre chi non ha mai moderato prima ad offrirsi volontario); si parla a turno, o venendo chiamati a parlare uno alla volta, oppure con una lista (chiunque alzi la mano viene messo in lista ed aspetta che arrivi il suo turno); è vietato interrompere chi sta parlando, e per risparmiare tempo, si usa il "linguaggio dei segni" anarchico - si usano le mani per esprimere assenso, chiedere di interrompere, offrire un chiarimento tecnico, eccetera. Così ci assicuriamo che ognuno/a abbia una possibilità di esprimere la propria opinione e di ascoltare gli altri. Le decisioni si prendono consensualmente. Una nuova norma fu approvata all'unanimità alla seconda riunione: ad ogni incontro ci deve essere un dolce vegano.

La seconda e la terza riunione si tennero nell'aprile e maggio 2010, in casa mia, discutendo il problema della politica di sinistra, e decidendo infine che Panorama si identificherà ufficialmente come un'organizzazione della sinistra radicale, senza perdere la concentrazione sulla politica bisessuale e l'attivismo bisessuale. Comunque, questo dibattito non è mai cessato del tutto ed è sempre attivo nella comunità - non più tanto nella mailing list, ma certo nei forum online. Molte persone continuano a non sentirsi rappresentate da Panorama e dal suo nocciolo di attivisti radicali, creando l'urgente necessità di una seconda organizzazione bisessuale in Israele. Molte volte si è discussa tra i non-radicali della comunità la fondazione di una seconda organizzazione; però quest'organizzazione non ha ancora preso forma.

Ad onta della divisione politica, però, Panorama ha nondimeno avuto successo nel creare e mantenere una comunità amichevole per quasi tutti coloro che vogliono entrare a farne parte. Le persone che si oppongono fortemente alle posizioni politiche radicali di Panorama nondimeno partecipano a molti dei nostri eventi e sembra che li apprezzino. Inoltre, la popolazione mista della comunità, insieme con il radicalismo dell'attivismo, dei metodi e delle opinioni del nucleo degli attivisti, porta ad uno stato in cui i nuovi venuti nella comunità possono imparare di più sulla politica radical-queer, femminista e di sinistra, così facendo della comunità un centro di informazione ed educazione per i nuovi attivisti.

INTERLUDIO (2010): PROGRESSO E SUCCESSI

Il 2010 è stato l'anno dei cortei per la comunità LGBTQ israeliana. Il dolore e la rabbia per ed intorno alla sparatoria si erano accumulati e si tradussero in un'esplosione di energia ed azione attivistiche. Le crescenti divisioni tra i radical queer ed i GGGG assimilazionisti entrarono nel quadro e crearono una moltitudine di energie tra noi, che deviammo verso l'attivismo radical queer e la creazione di alternative dentro la comunità. In molte città d'Israele fiorirono Pride e marce di protesta, la maggioranza come risultato degli sforzi dal basso.

La crescita dell'attivismo intorno alla sparatoria, così come l'azione a Gerusalemme, avevano drammaticamente accresciuto la visibilità e la consapevolezza bisessuali, e la comunità [segue]

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[precede] comunità – e la nostra organizzazione, Panorama – doveva identificarsi ufficialmente con la politica di sinistra oltreché con il femminismo, o se noi dovessimo limitarci al solo argomento della politica bisessuale, tacendo sulle altre questioni. Un’altra questione che si affermava con forza era se noi, il nucleo attivistico di Panorama, rappresentavamo la comunità bisessuale – in quanto, ad onta dello status politico ufficiale di Panorama, noi eravamo ben noti come attivisti femministi, anarchici e radical queer, e non si faceva mistero che questo è quello che siamo e quelle erano le nostre opinioni.

In quel momento, Panorama era ancora chiamata soltanto “Comunità Bi e Pansessuale”, e la posizione che mantenevo all’epoca era che noi dovevamo evitarei di esprimere apertamente le nostre opinioni politiche femministe, anarchiche ed a proposito dello stato mentre facevamo dell’attivismo bisessuale. La mia ragione per questo era la mia speranza che l’organizzazione fosse il più inclusiva possibile per chiunque volesse aggregarsi, temendo che piantare una simile bandiera politica avrebbe respinto molta gente. Molti altri, invece, sentirono che l’organizzazione che avevamo fondato insieme poteva essere inclusiva solo se noi potevamo esprimere apertamente le nostre opinioni anziché tentare di nasconderle. Avevamo bisogno di uno spazio in cui sentirci a casa, ed in cui potessimo godere dei frutti del nostro lavoro consentendoci la libera espressione e promozione delle idee in cui credevamo. Inoltre, dacché lo status quo è sempre determinante nella formazione delle comunità, stare zitti su certe questioni spesso porta a tollerare i medesimi problemi all’interno di quello spazio silenzioso. Dacché la società è sessista – stare zitti sulle questioni del femminismo avrebbe mantenuto la presenza del sessismo nella comunità; poiché la società è razzista e militarista – stare zitti su queste questioni avrebbe mantenuto la stessa cosa. Non volevamo avere una parte nello status quo del silenzio e dell’oppressione, e non volevamo accettare queste cose nella comunità che ci sforzavamo di creare per noi.

La prima riunione di Panorama si tenne il 25 Agosto 2009, e la sua agenda rifletté allo stesso modo la tensione tra queste due prospettive. Durante l’incontro, avevamo deciso di aggiungere la parola femminista al nostro nome, cambiando così il nome dell’organizzazione da “Panorama – Comunità Bi e Pansessuale” a “Panorama – Comunità Femminista Bi e Pansessuale”. Ma il dibattito sulla politica di sinistra rimase irrisolto. Ma lo stesso incontro fu tenuto al club Hagada Hasmalit = La Riva Sinistra [EN, HEmappa Google] - un centro comunitario di sinistra e quartier generale del Partito Comunista Israeliano [AR, EN, HE]. Il luogo, ovviamente, portava il suo proprio messaggio ed era un segno per le decisioni future. Altri argomenti discussi nell’incontro erano i nostri scopi a proposito della comunità e della politica bisessuale, così come le idee per l’azione e l’attività. Nel breve termine, molte delle cose rimasero più dette che fatte, eppure avevamo creato una fonte di ispirazione per la lunga durata – infatti, molte delle azioni che discutemmo allora ora stanno realizzandosi, mentre altre hanno continuato a circolare per molto di più.

Le riunioni di Panorama sono gestate con metodi femministi ed anarchici: chiunque può presentarsi alle riunioni; la moderazione è ruotata ad ogni [segue]

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[precede] sapevano che il vero lavoro lo avevamo fatto noi, gli attivisti di base, e che senza la nostra pressione nessuno sarebbe salito sul palco, se non la vecchia giunta dell’élite GGGG, perché era conveniente lasciarci fuori.

Sette mesi dopo, scoprimmo che l’attivista ucciso Nir Katz (riposi in pace) si era identificato per molti anni della sua vita come bisessuale, preferendo negli ultimi pochi anni essere senza etichetta ["unlabeled"]. Nel 2005 Nir aveva scritto un articolo contro la bifobia, nel quale, tra l’altro, scriveva: “Bisessuale è chiunque si identifichi come tale […] e nessuno ha il diritto di denegargli la sua identità, specialmente le persone della comunità gay” (Katz, 2005). Alla luce delle sue parole, è triste, esasperante ed ironico pensare al modo in cui la sua bisessualità fu convenientemente cancellata – insieme con il suo veganismo ed il suo attivismo contro l’occupazione – tutto per parlare di lui come di un gay e di un veterano, per l’orgoglio e la gloria dello stato e della comunità.

Non partecipai alla manifestazione. La settimana di protesta e lotta terminò per me con una marcia a lume di candela dal titolo “Riprendiamoci la notte”, con organizzazione e partecipazione della Coalizione Rosa giovedì sera. Marciammo sul Boulevard Rothschild, dove avvenne la sparatoria, e continuammo fino a Gan HaHashmal [penso che sia il parco che in questa mappa Google viene chiamato Gan HaSharon], nel sud di Tel Aviv. Lì tenemmo un palco aperto, su cui lessi il mio testo di dolore, rabbia e lutto che avevo scritto all’inizio di quella settimana. Come lo leggevo, sentivo tutti gli occhi puntati verso di me, li sentivo ascoltarmi, e sentivo che il mio testo prendeva forma nelle menti e nei cuori di coloro che ascoltavano. Parlai con dolore e con rabbia, con timore e senza speranza, soffocando le lacrime, lasciai che la mia voce urlasse e si spezzasse. Finii di leggere per sollevare i miei occhi dalla carta e vedere gli occhi del presentatore rossi e lucidi per le lacrime, e sollevando i miei occhi verso il pubblico, vidi nuovamente queste lacrime. Come scesi dal nostro palco improvvisato, senti che per un momento avevamo avuto successo nel nostro scopo. Per un attimo, avevamo creato la solidarietà, l’attenzione, l’ascolto ed il sostegno che tutti noi bramavamo, cercavamo e della cui mancanza ci dolevamo per tutta la settimana. Solo per un momento, la nostra comunità fu dolente, in lutto, arrabbiata e depressa – ma anche dolce, forte, amorevole ed accettante.

NONA STORIA (2009–2010): PROCESSO, CONFLITTO E RISOLUZIONE (PARZIALE)

L’azione di Gerusalemme ed il discorso della veglia di protesta avevano creato molte discussioni e dibattiti all’interno della comunità bi a proposito della nostra ideologia e politica. Una risposta particolarmente emotiva al discorso della veglia di protesta che apparve sulla mailing list bisessuale, accusando l’oratore (e tutti  quanti noi) di “inserire la politica dove non c’entrava”, marcò l’inizio di un dibattito durato due anni (mai completamente concluso, sempre vivo in qualche modo [cfr. Massime dei Padri 5:20: “Qualsiasi disputa sia per amore del Cielo durerà per sempre, mentre una che non è per amore del Cielo non durerà per sempre. Qual è una disputa per amore del Cielo? Una disputa tra Hillel e Shammai. Qual è una disputa che non è per amore del Cielo? La disputa di Core (Numeri 16) e della sua assemblea”]) sull’identità politica della nostra comunità. Molto presto sprizzarono discussioni sul se la nostra [segue]

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[precede] il messaggio? Chi aveva il potere di scegliere la risposta della comunità? Chi aveva il potere di decidere chi sale sul palco a parlare e chi viene azzittito? Tutte queste questioni si riflettevano anche sulla riunione, dacché continuavano ad urlarci contro, ad interromperci e (come sempre), eravamo accusati di violenza ed aggressività. Una mia amica, che soffriva di stress post-traumatico, aveva cominciato a de compensarsi nella sala d’ingresso del centro e (mi avrebbe detto poi), fu spinta violentemente dal direttore del centro LGBT per “aver fatto troppo casino”. La riunione fu interrotta e poi riconvocata, ma senza cambiamento di atteggiamento o disponibilità ad ascoltare quelli tra di noi che erano diversi.

Dopo tre ore di casino, noi salimmo le scale per un incontro di supporto queer. Quando arrivammo alla stanza, svenni sulle scale piangendo. Nella mia testa, ero tornata a Gerusalemme, dove io ed i miei amici fummo picchiati e cacciati a calci dal palco per aver tentato proprio la stessa cosa: far sentire la nostra voce. Proprio come allora, io ed i miei amici avevamo affrontato le persone al potere nel tentativo di parlare per noi stessi, sperando di trovare uno spazio di accettazione, una crepa di solidarietà, solo per essere respinti, azzittiti ed esclusi una volta in più.

Val la pena notare le ragioni per il nostro silenziamento, che hanno due livelli: il visibile e l’invisibile, il detto ed il non detto. A livello visibile e detto, la ragione più citata per l’averci azzittito – ed il continuare ad azzittirci, è la nostra politica radicale di sinistra. Questo vale la pena notarlo perché la nostra opposizione all’occupazione è valutata come assai problematica – il collegamento che abbiamo cercato di esporre, tra la sparatoria, l’occupazione e la violenza razzista in Israele era uno a cui la maggior parte degli assimilazionisti si è fortemente opposta – specialmente perché esprimere apertamente queste opinioni avrebbe rovinato la novella storia d’amore con il governo. A livello invsibile e non detto giacciono la bifobia, la transfobia e la lesbofobia: la credenza che i nostri gruppi, le nostre opinioni e le nostre lotte sono nel migliore dei casi marginali e poco importantii, e nel peggiori un’impudente intralcio alla corretta organizzazione della comunità ed alla sua agenda.

Alla fine, le pressioni funzionarono. Con non piccolo sforzo, dopo l’incontro ed il casino, dei membri della Coalizione Rosa, me compresa, avevano fatto più pressione possible sul Comune ed i suoi funzionari perché lasciassero che bisessuali, transgender, lesbiche e palestinesi avessero una rappresentanza sul palco alla manifestazione di sabato. E così, in una manifestazione di 3 ore, dopo 20 minuti concessi esclusivamente al nostro LGBT-fobico presidente Shimon Peres, e molti minuti dati a diversi uomini bianchi cis, etero e gay, l’unica oratrice lesbica ricevette 5 minuti per parlare, l’oratore trans gender ne ricevette 2, l’oratore bisessuale 30 secondi, così come l’oratore palestinese gay. Dopo l’incontro, il Comune aveva inoltre cambiato lo slogan della manifestazione da: “Non abbiamo paura” ad “Andare avanti con orgoglio”, un messaggio appena meno patriarcal/militarista. Questa fu la prima volta nella storia della comunità israeliana LGBTQ che un rappresentante bisessuale fu invitato in anticipo a parlare dal palco. Dopo, il Comune fu applaudito dalla comunità per l’ampia diversità che aveva consentito. Ben poco [segue]

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[precede] abusi compiuti e perpetuati [“perpetuated” – forse voleva dire “perpetrated = perpetrati”] dal governo e dai suoi membri – quelli al potere nella comunità diedero il benvenuto a quest’attenzione e fecero del loro meglio per collaborare. Inutile dire, questa collaborazione richiedeva il fornire al governo ed ai media nient’altro che opinioni, identità e facce gradevoli all’interno della comunità LGBTQ. Chiunque fosse troppo radicale, troppo arrabbiato e risentito, troppo visibilmente frocio o trans, o dalla pelle troppo scura, troppo effemminato, troppo disabile, ecc. fu discretamente rimosso dall’attenzione pubblica e dall’occhio dei media. [Nota 47]

Due ulteriori risposte disturbanti alla sparatoria furono il militarismo e l’LGBT-fobia interiorizzata. Il discorso militarista del “Non abbiamo paura (dei nostri “nemici”) aveva leso le nostre orecchie ed i nostri cuori, mentre le persone della comunità stavano lottando per uno spazio che contenesse la moltitudine di emozioni, tristezza e lutto che usciva da noi. Molti di noi erano profondamente ansiosi, alcuni soffrivano di stress post-traumatico. Molti non si sentivano abbastanza sicuri da uscire di casa senza essere accompagnati. Noi eravamo tristi ed impauriiti, ed il tentativo militarista e patriarcale di azzittire la nostra tristezza e le nostre emozioni ci rendeva frustrati, arrabbiati e depressi. Inoltre, dal momento in cui avvenne la sparatoria, delle figure di punta della comunità GGGG (da notare tra essi il personaggio pubblico bifobico, transfobico, sessista e gay Gal Uchovsky) si erano assunte il compito di dar la colpa alla comunità stessa – accusando i “casi da armadio [“closet cases”]” di essere i responsabili dell’LGBT-fobia e dell’ostracismo sociale patito dalle persone LGBTQ. Un articolo particolarmente famigerato fu pubblicato da GoGay dal regista pornografico ebreo americano e gay Michael Lucas, dal titolo “Una lettera ai vigliacchi e spregevoli casi da armadio”, incolpando della sparatoria gli uomini bisessuali ed altri “casi da armadio”.

Tutte queste cose le sentivamo molto mentre eravamo impegnati nella riunione. L’atmosfera era tesa, sapevamo che sarebbe stata dura – i rapporti di potere che eravamo già tanto abituati a combattere dentro la comunità erano saliti ad un volume che ci fece capire che sarebbe stata intensa. Ma, onestamente, nulla ci preparò per quello che accadde poi.

All’inizio della riunione, un gruppo di attiviste femministe lesbiche tentò di impadronirsi dell’incontro, un’azione che fui incredibilmente contenta – seppur impaurita – di vedere. Dacché Yaniv Waizman (che aveva convocato l’incontro) era in ritardo, le donne iniziarono l’incontro senza di lui. Venendo all’incontro temendo di non avere chance di parlare ed essere udita, mi sentii immediatamente sollevata quando l’attivista femminista lesbica Yaara Chotzen si alzò in piedi ed inziò a condurre l’incontro, affermando che sarebbe stato tenuto usando metodi femministi ed assicurandosi che ognuno sarebbe stato udito.

Quello che però seguì fu un clamore tra le persone presenti, che a quanto pare non aspettavano altro che arrivasse il ‘possente leader’ a rimettere le ragazzine al loro posto. Durante l’incontro, e dal momento in cui arrivò Waizman, noi fummo prima riprese, e poi azzittite con sempre maggior forza. La riunione saltò e si interruppe a metà su questioni di potere, rappresentazione e parola: chi aveva il potere di determinare [segue]

Nota 47/58

Per saperne di più, vedi Gross (2010) e Grinberg (2009).

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[precede] violenza, una società che produce omicidi. Lei parlò della sparatoria non come di un incidente isolato, ma come di un evento intrecciato con e germinato  da un’atmosfera sociale di violenza, militarismo, razzismo e sessismo – ed LGBT-fobia. In una società dove sta bene attaccare chi festeggia un matrimonio (se tu sei l’esercito e loro sono palestinesi), in una società in cui è accettabile deportare dei profughi fuggiti per salvarsi la vita, per il solo delitto di non essere ebrei e di essere neri, in una società in cui una donna su quattro viene stuprata, una su tre molestata, eppure le vittime sono azzittite, ignorate, trascurate o molestate - in una società come quella, è accettabile pure sparare in un club giovanile, in cui l’unica onta che macchia le persone lì dentro è essere LGBT. [Nota 45]

[Il traduttore ha il privilegio del tempo alle sue spalle, e sa che secondo la polizia israeliana, il sospettato Hagai Felician avrebbe sparato per un motivo privato (vendicare lo stupro subìto, a suo dire, da un suo congiunto); ma, come spiega qui il Ch.mo Prof. Aeyal Gross, la ricostruzione della polizia non spiega come mai una persona che voleva uccidere una vittima ben identificata, non trovandola, abbia deciso di compiere invece un massacro, uccidendo anche dei ragazzini poco più grandi del congiunto a suo dire stuprato.

Tra parentesi, il killer era entrato nel Bar No’ar mascherato – ma questo non aveva allarmato nessuno. A quanto pare, anche a Tel Aviv-Yafo ci dev’essere abbastanza LGBT-fobia da giustificare il camuffarsi quando si vuole entrare, anche con ottime intenzioni, in un club LGBT!]

Dopo che ebbe parlato la nostra rappresentante, terminò la veglia e la gente iniziò ad andare a casa. Una foto messa poi su Facebook mostra me seduta sul lato del Boulevard prossimo alla strada, con la mia bandiera in mano e con la mia testa sulla spalla di Lilach, cercando di non piangere. Avrei dovuto incontrare la mia famiglia per cena quella sera e cominciavo a chiedermi se questo era un buon momento per il coming-out. Il mio corpo era dolorante, ed io ero stanca ed avvilita. Avrei trascorso le 2 ore che mancavano ad un incontro aperto di Re-evaluation Counseling (RC) [Nota 46], organizzato e tenuto quel giorno per fornire sostegno ai membri della comunità LGBTQ. Dovetti andar via presto, correre a casa, cambiarmi d’abito, lasciare lì la mia bandiera, ed incontrare la famiglia al ristorante. Quando fui lì, loro dissero che stavo bene. [Invece] mi sentivo morire.

Lunedì si tenne un grande incontro al centro LGBT di Tel Aviv per discutere la risposta della comunità alla sparatoria, convocato dal Comune. Similmente agli incontri sul corteo del Pride di Tel Aviv ed il mese del Pride, quest’incontro, ad onta del nome altisonante, non intendeva chiedere il parere di nessuno, ma semmai aggiornare le organizzazioni ed i delegati delle comunità sulle decisioni già prese a porte chiuse. Noi venimmo all’incontro lunedì sera per sentirci dire che sabato, ci sarebbe stata una grande manifestazione in Piazza Rabin [mappa Google], e lo slogan della manifestazione sarebbe stato l’espressione militarista, resaci familiare dalla politica della destra israeliana, “Non abbiamo paura”. Ci lasciarono intendere che la lista degli oratori era già quasi pronta e che tutta la manifestazione era già in corso di organizzazione.

Ma non accadde solo questo. La notte della sparatoria si era formato un nuovo gruppo radical-queer (la Coalizione Rosa), come risposta alla sparatoria, alla politica interna alla comunità, ed al modo in cui venivano gestite le cose nella comunità. Come ho già accennato, le persone in posizione di potere avevano fatto del loro meglio per impadronirsi della protesta ed impedire risposte spontanee dal basso. Loro mantennero inoltre una cesura tra la sparatoria e tutte le altre forme di violenza nella nostra società. Quando il governo d’Israele ed i parlamentari avevano cominciato ad esprimere le loro condoglianze (senza dubbio per coltivare le loro pubbliche relazioni politiche, non per autentica tristezza), piuttosto che cogliere l’occasione di protestare contro le responsabilità proprie del governo per i massacri, la pulizia etnica, il razzismo, il capitalismo, il sessismo, l’LGBT-fobia e molti altri [segue]

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RC è un’organizzazione basata su un metodo particolare di sostegno di gruppo, che incoraggia la consapevolezza dell’oppressione basata sull’identità. [Sito Web]

Nota 45/58

Questo, ovviamente, è di rilevanza cento volte maggiore in paesi come gli USA, le cui culture violente, nazionaliste, sessiste ed LGBT-fobiche producono centinaia di attacchi ed assassinii di persone LGBTQ (e non solo) ogni anno.

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[precede] viscere sono proprio lì sul pavimento, ed il pianto, il dolore ed il lutto, sono proprio qui. Solo questa casa era la mia casa metaforica, ed io – io ero le altre persone. Quello che quest’assassino ha infranto  è stata la porta della nostra comunità, la nostra porta di sicurezza, ed ha ucciso e colpito e ferito noi, che eravamo lì dentro. […] 
Non posso evitare di sentire che nessuno di noi è mai al sicuro. Che noi dobbiamo sempre stare in guardia e lottare. Dobbiamo non dimenticare mai e non abbassare mai la guardia – l’odio circonda noi tutti. Quest’odio ha radici profondissime nella nostra società. La stessa notte in cui metà dei miei amici partecipa ad una dimostrazione contro la deportazione dei profughi [Nota 44]. Il giorno dopo in cui un contatto su Facebook parla della violenza dei militari [israeliani] ad un matrimonio palestinese (un’immagine della sua camicia macchiata di sangue). Lo stesso giorno in cui leggo una discussione sulla mailing list trans gender sulle uniformi, sulle forze armate, sull’occupazione e sull’aggressione. Il giorno dopo che ho ricevuto un nuovo libro, Getting Bi, in cui viene pubblicato  un mio testo, ed urlo di gioia – perché c’è un libro che non mi ignora, ecco un posto in cui anch’io sono presente. Ed in questo maelstrom cadono i colpi d’arma da fuoco, i corpi, i feriti. E mi chiedo perché mai ho anche solo provato ad addormentarmi.
Quella domenica pomeriggio ci fu una veglia di protesta in Boulevard Rothschild [mappa Google] vicino al luogo della sparatoria. Impaurita e stanca dopo una notte insonne ed una giornata di lavoro e preoccupazioni, venni alla veglia con la mia bandiera bisessuale. Trovai Lilach, il mio amico e collega di attivismo Cameron, ed altri, ed insieme ci affrettammo verso il podio dei discorsi che i rappresentanti del Comune avevano messo lì per impossessarci della  protesta, che era stata messa insieme da dei membri della comunità. Nei momenti traumatici, è spesso più facile affogarti nelle cose da fare – tutto il giorno cercavo di chiamare le persone del Comune e far loro sapere che la comunità bisessuale voleva un rappresentante che parlasse alla veglia. Non potei contattarli (e certo, non pensarono a farlo loro).

E così, i miei amici ed io ripetemmo il nostro metodo di avvicinarci agli organizzatori e chieder loro di parlare. Dopo alcuni momenti di convincimento, ci diedero un minuto alla fine, ed una salì per parlare, tenendo un discorso che fu forse della stessa importanza storica per la comunità bi della nostra azione a Gerusalemme 2 mesi prima, dacché diede a Panorama ed alla nostra comunità una voce non solo nella politica queer, ma anche nella politica del governo e dello stato. Creò poi inoltre molti dibattiti all’interno della comunità bi, che mettevano in discussione la nostra posizione politica come comunità e, specialmente quella di Panorama, come organizzazione.

La nostra rappresentante parlò dei legami tra la violenza ed il militarismo in Israele e l’assassinio compiuto la notte prima, di una società in cui l’odio, la paura e la disumanizzazione non sono solo standard, ma un dovere sociale, una società in cui ogni gruppo estraneo al mainstream è bersaglio lecito di attacchi, oppressione ed emarginazione – una società che produce [segue]

sabato 3 agosto 2013

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[precede] La nostra azione ci aveva dato pubblicità, discussioni, riconoscimento ed un nuovo movimento bisessuale - ma il prezzo che dovemmo pagare fu caro. Oggi non rimpiango la nostra azione, né i suoi risultati; da quel momento in poi, noi comunità non potemmo più essere ignorati (anche solo pro forma), e per questo risultato la rifarei. La gente ha sentito parlare di noi, la nostra comunità è cresciuta ed è iniziata la nostra lotta. Però spero ancora che le cose potessero andare diversamente, e che il prezzo non fosse tanto alto.

OTTAVA STORIA (2009): DI MALE IN PEGGIO - LA SPARATORIA DEL BAR-NO'AR


Stavo finalmente riprendendomi dall'azione a Gerusalemme: ricordo la settimana in cui finalmente cominciavo a sentirmi come se stessi meglio. Avevo una tesina universitaria da scrivere che non avevo ancora iniziato a causa dello stress emotivo che stavo attraversando, e che proprio in quella settimana decisi che avrei iniziato a scrivere dopo la fine della settimana. Pensavo che il peggio fosse passato, e che ora avrei potuto concentrarmi sul riposare, calmarmi e guarire dal quel lungo mese di giugno.

Sabato 1 Agosto 2009 un anonimo entrò nel club giovanile dell'Associazione GLBT (il "Bar-No'ar" [in ebraico può voler dire sia "figlio della gioventù" sia "bar della gioventù"] e cominciò a sparare. Dodici persone furono ferite, e due uccise: il 26enne Nir Katz, e la 16enne Liz Troubishi. Il killer non è mai stato catturato ed è tuttora [2011] a piede libero. [Nel 2013 la polizia israeliana ha arrestato Hagai Felician con l'accusa di essere stato lui l'assassino - vedi qui, ad esempio, per i dettagli] Un articolo che scrissi e pubblicai su GoGay il giorno dopo descrive la mia risposta, ed il modo in cui molti di loro si sono sentiti quella notte:
La notte scorsa ero a casa quando ricevetti il messaggio sulla sparatoria al Bar-No'ar. Non c'erano ancora titoli sui giornali, e nessun resoconto, ma avevano già cominciato a correre le voci: un uomo era entrato nella casa dell'Associazione GLBT ed aveva cominciato a sparare alla gente. Otto erano i feriti, non si sapeva se qualcuno era morto. I momenti successivi si fusero in un flusso costante. Improvvisamente, da otto il numero salì a dieci, improvvisamente c'erano due morti. Improvvisamente ci furono delle chiamate telefoniche, che chiedevano chi era OK, chi no, chi conosceva chi, chi era lì, che era accaduto. Improvvisamente cominciarono ad apparire i nomi.
Non sono ancora sicura di sapere quello che è accaduto lì. Andai a dormire a mezzanotte sapendo che mi sarei magari dovuta svegliare per partecipare ad una riunione di emergenza. Il telefono non mi avrebbe forse svegliata, ma le mie paure, i miei pensieri e la mia tristezza sì. Tra un pisolino e l'altro, ho paura. Una paura profonda, impotente, irrazionale: e se questo killer irrompe in casa mia ed ammazza anche me? Giaccio nel letto e cerco di dimenticare. E mi agito e mi giro, mi agito e mi giro. Per alcuni minuti sogno che tutto sia a posto.
E quanto immaginaria era quella paura? Il killer è davvero entrato nella mia casa ed il killer mi ha ammazzato davvero. Ed il mio sangue e le mie [segue]

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[precede] Un terzo fu il secondo articolo positivo pubblicato su di noi in GoGay, scritto dall'ex capo della defunta organizzazione "Bisessuali in Israele" Daniel Hoffman, un articolo che, per molti versi, ha chiuso il mese di orrore e ci ha lasciato del tempo per riprendere fiato. In articolo intitolato "Lettera a Fritz" [Nota 42], egli scrisse:
Ti promisi di aggiornarti quando fosse avvenuto qualcosa di importante. Ed eccoci qua - ti ricordi quando ti dissi che anche la città santa di Gerusalemme aveva cominciato ad ospitare marce del Pride? Questo accadde qualche anno fa. E ricordi che ti aggiornai che per la prima volta nel 2005, anche lì marciarono degli orgogliosi bisessuali? Ora sono passati quattro anni, e la comunità si è svegliata di nuovo al suono dei bisessuali, anche questa volta a Gerusalemme. Un gruppo di attivisti ha creato il perfetto casino [mayhem] irrompendo sul palco dei discorsi, ed una di loro riesce a raggiungere il microfono, ad afferrarlo, ed a protestare l'esclusione dei bisessuali dal resto della comunità [...] Solo pochi secondi che hanno dato vita ad un temporale di parole, risposte, interpretazioni, opinioni, offese, ingiurie, adulazioni [...] Poi hanno cominciato a spuntare gli articoli di opinione. La merda [dirt] è stata lanciata da ogni possibile direzione, ed è entrata in azione la macchina cancellatrice, con risposte emotive, con risposte logiche, con abbondanza di risposte demagogiche, con fatti contraddittori e con le risposte ufficiali. Forse si è trattato di una benedizione nascosta in una maledizione? Forse il riaprire la discussione pubblica sui bisessuali è infatti la parte centrale [...]?
Oggi  la comunità bisessuale lotta da un posto di potere - lo spazio stabile rivendicato per sé. Improvvisamente puoi leggere la risposta di un lettore che accusa la comunità bisessuale di "essere aggressiva e di imporre la sua opinione sulla maggioranza." Non sapevo se ritenere questo triste, ingenuo, o felicitarmene. [...] Allora mi dicesti: "Che importa se odiano? Quando odi finisce con lo scoppiarti in faccia", e ti dissi che in ebraico è anche un gioco di parole [Nota 43]. Perché l'odio che era dentro la comunità le è scoppiato in faccia alla marcia di Gerusalemme. E dopo l'esplosione, dopo la rissa, creeremo un mondo di pace, il suono del silenzio. Se solo usassimo questo suono per ascoltare, cooperare, creare.  (Hoffman, 2009)
Mi ci vollero delle altre settimane prima che sentissi che stavo cominciando a riprendermi. Quello che accadde a Gerusalemme ebbe un profondo effetto su di me, che continua ad influenzarmi tuttora. Pensando oggi a quello che è accaduto, so che quello che mi ha fatto più male non è stata la violenza in sé (si trattava di una cosa a cui ero già abituata in varie manifestazioni e proteste), ma semmai il fatto che fosse diretta a noi da dentro la comunità - l'unico posto al mondo che noi ci aspettavamo che ci accettasse, la comunità che consideravamo nostra. Essere stata trattata così dai membri della tua stessa comunità, da un'organizzazione il cui scopo dichiarato è promuovere la comprensione, la tolleranza e la cooperazione, è essere derisa e svalutata nel modo più doloroso possibile: essere tradita dalle persone di cui ti fidi di più. [segue]

Nota 43/58

In ebraico בפנים (bifnim) significa sia dentro che in faccia.

Nota 42/58

Intendeva dire Fritz Klein.

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[precede] Quello che nessuno capì fu che tutta questa merda [dirt], tutta questa bifobia e tutto questo silenziamento, stava in realtà formando una lunga e significativa discussione nella comunità, che parlando affrontava le questioni sulla bisessualità e le persone bisessuali come gruppo, che iniziava ad impegnarsi con un artogmento che fino a quel momento era stato così profondamente silenziato che nessuno si era preoccupato di pensarci. Un beneficio ulteriore fu che molti bisessuali avevano udito dell'azione attraverso la copertura su GoGay e divennero coscienti del movimento bisessuale, della comunità bisessuale e della politica bisessuale. Così la comunità crebbe esponenzialmente.

Ciononostante, quel periodo fu brutto per me, e per oltre un mese tutto quello che provai fu essere ossessionata dalll'incidente. La violenza fisica della CAG e la violenza verbale degli articoli e delle risposte sembrava esistere in un unico continuum di silenziamento e cancellazione. Non mi avrebbe lasciato andare. Mi sentivo come se non potessi pensare ad altro, solitaria, depressa, bloccata, e sempre sotto attacco. Scarsa fu la solidarietà che venne grazie alla comunità, scarso conforto e sostegno mi fu offerto.

Un ricordo particolarmente disturbante è di un evento sociale al Rogatka, solo pochi giorni dopo la marcia.. Entravo in uno spazio in cui tutti i presenti erano persone che conoscevo, della comunità radicale queer e transgender. Tutti inoltre sapevano quello che era accaduto alla marcia, ed il modo in cui fummo trattati con violenza. Un po' mi aspettavo ed un po' speravo che la gente si sarebbe avvicinata a me, mi avrebbe chiesto informazioni, mi avrebbe offerto solidarietà e condivisione, ma non venne nessuno. Anzi, nessuno mi disse nemmeno: "Ciao". 

Ci furono però alcuni bagliori di luce in questa lunga ordalìa: il primo articolo positivo su di noi fu pubblicato il giorno dopo la nostra azione e fu scritto dal direttore capo di GoGay Tal Eitan. Tal si congratulava con noi per il nostro coraggio e la nostra audacia, esprimeva solidarietà con i nostri scopi e chiedeva alla comunità bisessuale di unirsi creando un nuovo movimento politico. Egli scrisse:
Fui pieno di gioia qundo sentii che un gruppo di attivisti bi era salito sul palco, si impossessò del microfono e disse agli organizzatori proprio quello che pensavano dell'esclusione bisessuale dai discorsi. Fui felice di sentire che c'erano ancora delle persone capaci di vedere le siepi che separano il Pride dall'Outside [l'orgoglio GGGG dagli esclusi], che ci sono dei cagnolini bistrattati che mordono, graffiano e calciano, e fanno tanto baccano, e fanno arrabbiare tanta gente, ma ricordano a tutti che cosa conta davvero. (Eitan, 2009)
Un altro bagliore fu un'e-mail che io ed il resto del nostro gruppo d'azione, ricevemmo alcuni giorni dopo la nostra azione da un mio amico, uno degli organizzatori della CAG. Il mio amico scriveva con tatto, prendendosi la responsabilità dell'accaduto e scusandosene, offrendo simpatia e suggerimenti costruttivi per il futuro. E sebbene egli scrivesse a titolo personale, e non come rappresentante della CAG, la sua mail fu l'unica espressione di presa in carico delle proprie responsabilità che abbiamo mai ricevuto a tutt'oggi da qualsiasi membro della CAG. [segue]