sabato 3 agosto 2013

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[precede] La nostra azione ci aveva dato pubblicità, discussioni, riconoscimento ed un nuovo movimento bisessuale - ma il prezzo che dovemmo pagare fu caro. Oggi non rimpiango la nostra azione, né i suoi risultati; da quel momento in poi, noi comunità non potemmo più essere ignorati (anche solo pro forma), e per questo risultato la rifarei. La gente ha sentito parlare di noi, la nostra comunità è cresciuta ed è iniziata la nostra lotta. Però spero ancora che le cose potessero andare diversamente, e che il prezzo non fosse tanto alto.

OTTAVA STORIA (2009): DI MALE IN PEGGIO - LA SPARATORIA DEL BAR-NO'AR


Stavo finalmente riprendendomi dall'azione a Gerusalemme: ricordo la settimana in cui finalmente cominciavo a sentirmi come se stessi meglio. Avevo una tesina universitaria da scrivere che non avevo ancora iniziato a causa dello stress emotivo che stavo attraversando, e che proprio in quella settimana decisi che avrei iniziato a scrivere dopo la fine della settimana. Pensavo che il peggio fosse passato, e che ora avrei potuto concentrarmi sul riposare, calmarmi e guarire dal quel lungo mese di giugno.

Sabato 1 Agosto 2009 un anonimo entrò nel club giovanile dell'Associazione GLBT (il "Bar-No'ar" [in ebraico può voler dire sia "figlio della gioventù" sia "bar della gioventù"] e cominciò a sparare. Dodici persone furono ferite, e due uccise: il 26enne Nir Katz, e la 16enne Liz Troubishi. Il killer non è mai stato catturato ed è tuttora [2011] a piede libero. [Nel 2013 la polizia israeliana ha arrestato Hagai Felician con l'accusa di essere stato lui l'assassino - vedi qui, ad esempio, per i dettagli] Un articolo che scrissi e pubblicai su GoGay il giorno dopo descrive la mia risposta, ed il modo in cui molti di loro si sono sentiti quella notte:
La notte scorsa ero a casa quando ricevetti il messaggio sulla sparatoria al Bar-No'ar. Non c'erano ancora titoli sui giornali, e nessun resoconto, ma avevano già cominciato a correre le voci: un uomo era entrato nella casa dell'Associazione GLBT ed aveva cominciato a sparare alla gente. Otto erano i feriti, non si sapeva se qualcuno era morto. I momenti successivi si fusero in un flusso costante. Improvvisamente, da otto il numero salì a dieci, improvvisamente c'erano due morti. Improvvisamente ci furono delle chiamate telefoniche, che chiedevano chi era OK, chi no, chi conosceva chi, chi era lì, che era accaduto. Improvvisamente cominciarono ad apparire i nomi.
Non sono ancora sicura di sapere quello che è accaduto lì. Andai a dormire a mezzanotte sapendo che mi sarei magari dovuta svegliare per partecipare ad una riunione di emergenza. Il telefono non mi avrebbe forse svegliata, ma le mie paure, i miei pensieri e la mia tristezza sì. Tra un pisolino e l'altro, ho paura. Una paura profonda, impotente, irrazionale: e se questo killer irrompe in casa mia ed ammazza anche me? Giaccio nel letto e cerco di dimenticare. E mi agito e mi giro, mi agito e mi giro. Per alcuni minuti sogno che tutto sia a posto.
E quanto immaginaria era quella paura? Il killer è davvero entrato nella mia casa ed il killer mi ha ammazzato davvero. Ed il mio sangue e le mie [segue]

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